chiaro di luna il suo Janu, Teresa le cui parole suscitano emozione “perché il bene non si compra, non si vende, non si impone con il coltello alla gola, né si può evitare: il voler bene succede”.
     La vita di Teresa si dipana a poco a poco sotto i nostri occhi. La prima prigionia a dodici anni ancora bambina, ma già sottomessa al volere di un uomo, la schiavitù della propria bellezza che la rende vittima e carnefice di ogni maschio che incrocia il suo cammino, tutto questo ci viene narrato da mille voci: il tassista, Lulù il poeta morto da cent’anni e “compari e compaesani”, che hanno sentito dire e così riferiscono.
     La storia si fa leggenda e la realtà si intreccia con la fantasia, con il miracoloso, con la potenza degli Orixà “forze della natura che cavalcano gli uomini, li condannano o li proteggono”, finché il lettore non sa più uscire da questo romanzo.
     C’è tutto il Brasile in questo libro, la sua cultura e la sua società dilaniata dagli opposti, estrema ricchezza ed estrema povertà, dolore ed allegria, vita e morte, Teresa Batista è l’essenza pura del Brasile stesso. Un romanzo da non leggere solo con gl’occhi dell’intelligenza, ma da “assaporare” con tutti i sensi: l’odore del mare, la puzza della morte, il tanfo della violenza, il sapore dei frutti tropicali, i colori dell’arcobaleno e il sapore ferroso del sangue, le grida delle bambine violentate e i sospiri dell’amore, tutto questo è il romanzo di Jorge Amado. Una “saudade” che ammalia e ci fa cader vittime, una sorta di malinconia, una dolorosa nostalgia dalla quale emerge, prepotentemente, la speranza di un futuro migliore.
                                                                               Cristina Mascheroni

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