attualmente il più venerato di tutti i santi cattolici, Padre Pio, sia nato a Pietrelcina, cioè a pochi passi dalla città campana). L’ambiguità tra sacro e demoniaco è del resto un segno fondamentale della storia di Benevento. Di origine osco-sannitica, la città si chiamò anticamente “Malies”, poi “Maloenton”, e quindi “Maleventum”. Ignota è la ragione di quel nome sinistro. Certo è che la superstizione degli antichi romani non poteva accettarlo. Sicché, nel 275 avanti Cristo, quando le legioni dell’Urbe sconfissero l’esercito di Pirro nei pressi della città dal nome funesto, la decisione fu logica e immediata: per celebrare la vittoria, “Maleventum” fu trasformata in “Beneventum”.
     Passarono i secoli e col diffondersi delle religioni orientali nell’impero romano una nuova divinità fece il suo ingresso in Italia: Iside, la Grande madre dei misteri egiziani. Iside, maga dal mutevole volto lunare, dolce e tremenda, ma anche prefigurazione pagana della Madonna cristiana, ebbe proprio a Benevento uno dei suoi centri di culto più importanti, fino al terzo secolo dopo Cristo, quando la città si convertì alla fede cristiana.
     Nel 571 fu conquistata dai longobardi, i quali, per un bel po’, del cristianesimo non vollero nemmeno sentir parlare. Perché lo spirito divino, per loro, non abitava nelle chiese, o nel pane e nel vino dell’Eucarestia, ma nel tronco di un albero e nel corpo di un serpente. Ed ecco così i simboli della dea Iside tornare e intrecciarsi con i miti germanici in una leggenda destinata a millenaria fortuna. Scrive Paolo Portone: «I longobardi, non lontano dalle mura di Benevento, nel corso di un giorno solenne, onoravano un albero sacro, dal quale lasciavano pendere una pelle di serpente». Intorno all’albero, i barbari si scatenavano in una frenetica corsa a cavallo e in preda all’esaltazione facevano a brandelli la pelle del serpente e se ne cibavano.
     Dopo quasi un secolo di quelle bizzarre sarabande pagane, la Chiesa cristiana passò al contrattacco. Correva l’anno 663 e un esercito bizantino minacciava il ducato longobardo di Benevento. Il vescovo Barbato disse al duca Romualdo: «Dio ti farà vincere se giuri che rinuncerai al culto dell’albero sacro». Il duca giurò e i bizantini furono sconfitti. Barbato, con una scure in pugno, guidò allora i beneventani in processione fino all’albero maledetto. Lo abbatté con furore e lo sotterrò, sperando di cancellarne ogni traccia fino alla fine dei secoli, ma la leggenda dell’albero, identificato poi nel noce (che secondo gli storici doveva trovarsi nella stretta valle del fiume Sabato, presso il borgo di Altavilla Irpina, in una località detta Ponte dei Santi), sopravvisse e, anzi, si rafforzò a dismisura nella fantasia popolare. Il luogo abominevole dei riti pagani divenne il teatro dei

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