approvò su tutta la linea le nuove idee di Mussolini, ma la direzione nazionale del partito la pensava diversamente. Dopo aver lasciato “Avanti!”, Mussolini fondò un proprio giornale, “Il popolo d’Italia”, foglio ultranazionalista dalle idee fortemente radicali, schierato a favore delle azioni interventiste dell’Italia a fianco dell’Intesa (l’alleanza tra Francia ed Inghilterra). Fu un boom di vendite, il popolo era con lui.
     A seguito delle proprie idee giudicate troppo accese, Mussolini fu espulso dal partito (25 novembre 1914) e fu nuovamente arrestato a Roma nel 1915, mentre si accingeva a presiedere un comizio interventista. Un mese dopo, il 24 maggio, quando l’Italia entrò ufficialmente nel conflitto mondiale, Mussolini definì la giornata come “la più radiosa della nostra storia”. Richiamato alle armi (agosto 1915), fu ferito seriamente durante un’esercitazione e poté quindi tornare alla direzione del suo giornale, rompendo ogni legame con la vecchia matrice socialista e prospettando l’attuazione di una prospera società produttivo-capitalistica, capace di soddisfare le esigenze economiche di tutti i ceti sociali.
     Con la fine della guerra, Mussolini cercò di raccogliere e farsi interprete delle esigenze inespresse della società italiana, fondando, il 23 marzo del 1919, con un discorso tenuto a Milano in Piazza San Sepolcro, i primi “Fasci di Combattimento”, i quali furono la base di partenza per il successivo Partito Nazionale Fascista (P.N.F.): benché fossero basati su un mix di idee radicali di sinistra e acceso nazionalismo, essi non ottennero subito un grande riscontro dal popolo, tuttavia, mentre la situazione politica del Paese andava deteriorandosi e il partito fascista si andava caratterizzando come forza politica organizzata, Mussolini ottenne grandi consensi, dapprima dal mondo agrario ed industriale e successivamente anche dai ceti medi.
     Alle elezioni politiche del 1921, alla Camera vennero eletti 36 deputati fascisti. Il 24 ottobre del 1922, Benito, insieme ai propri collaboratori, decise di marciare su Roma e il 27 ottobre, quando ormai si trovava alle porte della capitale, il Presidente del Consiglio Facta presentò le proprie dimissioni.
     Il 28 ottobre i fascisti entrarono a Roma, ma il Re si rifiutò di firmare un decreto per dichiarare lo stato di assedio, di conseguenza, dopo un paio di giorni, diede a Mussolini l’incarico di formare un nuovo Governo. Mussolini costituì un gabinetto di larga coalizione al quale parteciparono anche i popolari (ne uscirono nel 1923) e il 17 novembre la Camera approvò il nuovo Governo con 306 voti favorevoli e 107 contrari.

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