Dopo essere rimasta nascosta per oltre duecento anni, finalmente una parte del baluardo di San Giovanni, in Città Alta, ha rivisto la luce. Quando l’uso militare della cannoniera non fu più necessario, gli accessi ai sotterranei, considerati pericolosi, furono riempiti di materiale terroso e livellati, in quanto gli abitanti camminavano spesso sulle mura venete. Lo scavo ha riportato alla luce le strutture originarie ideate dagli ingegneri di Venezia. Il pubblico ha potuto ammirare la cannoniera dal 10 dicembre 2009 al 6 gennaio 2010, ogni sabato e domenica. Ora, tuttavia, è di nuovo chiusa, per il prosieguo del suo recupero.
Anche noi di Infobergamo.it non potevamo perdere l’occasione di vedere quello che l’architetto Francesco Macario ha definito “un monumento di grande valore storico”. Entusiasti, oltre a qualche immagine scattata per chi non l’ha potuto vedere, vi abbiamo preparato qualche cenno storico e, di seguito, abbiamo preparato sei domande alle quali, con grande gentilezza e disponibilità, l’ingegnere Giulio Pandini (uno dei tre figli del fondatore dell’impresa Pandini, l’ingegnere Giovanni Pandini, scomparso nel novembre del 2009) ha risposto.
La cannoniera, chiamata “troniera” nel gergo militare del tempo, fa parte del baluardo di San Giovanni ed è collocata dietro l’orecchione orientale del baluardo stesso, sotto il Seminario. La sua costruzione è legata alla nascita delle nuove mura della città di Bergamo, fortificazione iniziata il 31 luglio 1561 e voluta dal conte Sforza Pallavicini. Come leggiamo in documenti dell’epoca, Lorenzo Donato, in sua relazione ai rettori veneti del 31 dicembre 1565, faceva presente che il baluardo di Sant’Alessandro, primo troncone delle mura nuove costruito, era realizzato solo in terra e che tra questo e quello di San Domenico la difesa della città era affidata solo al muro antico. Anche se i lavori per la piattaforma di Santa Grata erano già iniziati, non si faceva alcun cenno al baluardo di San Giovanni. La costruzione delle mura venne ultimata nel 1567, non mancando che 73 passi dal muro di San Giacomo verso Pelizzolo (oggi chiamato “bastione delle cento piante”): realizzato questo ultimo tratto, tutto il circuito da San Lorenzo a San Agostino, passando per San Giacomo, venne compiuto. Città Alta, nel 1575, fu dichiarata dal capitano Onfré Giustiniano “una fortezza sicurissima”.
Per quanto riguarda le sedici piazze iniziate, tutte costituite da baluardi e piattaforme, soltanto tre di esse si potevano classificare come “completate”; tra le incompiute, c’era quella di San Giovanni. Esse non erano provviste né “di reculate né di bombardiere”, pertanto, in caso di guerra, non potevano servire alla difesa della fortezza. Troviamo cenni al definitivo completamento della fortificazione di Città Alta soltanto in un documento di Alvise Grimani del 17 luglio 1590, quando scriveva che finalmente “la città è tutta serrata con baluardi e i suoi membri, quasi tutti terrapienati, compite le piazze, i parapetti e le traverse per coprirsi dalle vicine colline e la fortezza col circuito di tre miglia è bellissima”. Solo in quest’epoca, quindi, il baluardo di San Giovanni fu ultimato, assumendo il suo ruolo militare di difesa della fortezza.
All’inizio del XVII secolo il cremasco Tensini, architetto militare della Repubblica Veneta, si interessò delle fortificazioni di Città Alta ed in sua relazione indirizzata ai rettori veneti sullo stato delle mura, egli evidenziò come il baluardo di San Giovanni fosse uno dei punti più deboli delle fortificazioni; per questo motivo propose di rafforzarlo con la costruzione di una nuova struttura difensiva più esterna, struttura che non fu mai realizzata.
Il 25 dicembre 1796 i francesi presero facilmente possesso della città di Bergamo, mettendo così fine all’uso militare delle mura venete ed agevolando il passaggio e l’usufrutto delle stesse ai civili. In realtà, le mura non erano mai state solo prettamente ad uso militare, in quanto i veneziani, già nel 1583, avevano consentito agli ortolani l’usufrutto delle fosse per le loro piantagioni e la piantumazione dei gelsi sugli spalti. I Francesi realizzarono la passeggiata che va da porta Sant’Agostino a porta San Giacomo e ricavarono nella piattaforma di Sant’Andrea un punto d’incontro mondano per la buona borghesia. Gli spalti, tra i quali era compreso anche il baluardo di San Giovanni, furono divisi in sette lotti e messi in vendita; nel 1825, furono acquistati in blocco al prezzo di 6.050 lire, acquisto gravato dal Demanio dell’obbligo di non alterare la forma dei sotterranei, dei bastioni e delle mura. Causa lavori di scavi abusivi lungo via Tre Armi, lavori eseguiti per realizzare il nuovo Seminario, il 25 aprile 1826 il Bastione di San Giovanni ebbe un cedimento strutturale. Del suo restauro e conservazione se ne occupò sia l’Intendenza di Finanza, preoccupata che dal varco aperto così nelle mura potessero essere introdotte merci di contrabbando, quanto il Podestà Conte Moroni, che appoggiava caldamente la sua ricostruzione in quanto “le mura dell’alta città di Bergamo meritano per la loro bellezza, solidità e felice composizione di essere possibilmente conservate”. I lavori, paradossalmente, si protrassero per diversi decenni.
Nel 1829 il comune diede il via ai lavori per realizzare una nuova strada tra porta San Giacomo e porta Sant’Alessandro, lavori ultimati nel 1841 con la creazione di Colle Aperto. Essi risultarono molto impegnativi proprio nel tratto in corrispondenza del baluardo di San Giovanni, dove si “tagliò” il colle stesso: da allora, persa ogni connotazione militare (cannoniere, cavalieri, spalti eccetera) la piazza superiore del baluardo di San Giovanni è utilizzata come belvedere sulla città bassa di Bergamo.
Come e da chi è nata l'idea di portare alla luce la cannoniera?
“Parlando con la gente del posto,” ci spiega l’ingegnere Giulio Pandini, “soprattutto con persone di una certa età, vengono alla luce molte curiosità inerenti la nostra amata Città Alta. È così che si è venuti a conoscenza della cannoniera sita nel baluardo di San Giovanni, risalente al 1500. Si sa che ci sono, si sapeva dell’esistenza del sito, se ne intravedeva qualche scorcio nelle mura, ma quando la gente te ne parla come fosse un dolce ricordo e gli studiosi, come l’ex assessore Francesco Macario, grande appassionato di storia, ne dimostrano l’esistenza, ecco che nasce il desiderio di portarli alla luce. È stato così che mio padre, l’ingegnere Giovanni Pandini, fondatore nel 1957 dell’impresa omonima, ha pensato di festeggiare i cinquant’anni di attività dell’azienda regalando a Bergamo la possibilità di rivedere e vivere la cannoniera, operando, senza mezzi termini, con grande generosità.”
L'iter, il percorso di lavoro che vi ha permesso di realizzare con successo il progetto.
“Non vi è stato da subito un progetto ben definito. Si è partiti nell’ottobre del 2007 e si è proseguito a piccoli passi, decidendo la strada da seguire in relazione alle continue scoperte frutto di sondaggi, carotaggi, scansioni con il laser. Il lavoro è stato molto lungo più che difficile, in quanto eravamo in stretto contatto con la Sovrintendenza ai Beni Culturali nella persona dell’architetto Giuseppe Napoleone e quella dell’Archeologia, con la dottoressa Maria Fortunati. Ci si doveva spesso consultare ed incontrare prima di procedere, mentre diverse sezioni dello scavo sono state portate alla luce scavando a mano.”
La tecnica e la tecnologia usate.
“Oltre a macchinari specifici per scavare in luoghi diciamo delicati come all’interno delle mura di Città Alta, dove è vietato sbagliare, ci siamo avvalsi di uno scanner laser che, con milioni di punti luce interpretati da un elaboratore, ci hanno permesso di tracciare una specie di scheletro della cannoniera affinché potessimo scavare con una certa sicurezza.”
Quanto siete soddisfatti del risultato?
“Siamo sicuramente soddisfatti del lavoro svolto, non tanto per i complimenti che abbiamo ricevuto, ma per le affermazioni della gente. I cittadini bergamaschi hanno manifestato grande felicità per questa operazione di recupero della cannoniera. Loro ci hanno reso felici.”
Parlateci del prossimo passo, la scalinata che conduce alla cannoniera...
“Ci sarebbe ancora del lavoro da fare per completare l’opera e ci auguriamo di poterlo svolgere. Il passo successivo è quello di collegare definitivamente la cannoniera con via Tre Armi. Storicamente vi era questo accesso alla cannoniera; se completato, permetterebbe di salire in Città Alta sfiorando le mura a ridosso del baluardo e attraversando il sito recuperato, sbucando a due passi da Colle Aperto. Preciso anche che quanto noi oggi possiamo osservare non è tutta la cannoniera. C’è una parte che abbiamo temporaneamente chiuso con un intonaco in stile antico che potrà essere lasciato così per sempre, a meno che non si decida di recuperare anche l’altra parte ancora interrata. A quel punto basterà abbattere questo muro e proseguire negli scavi.”
Pensate che ci saranno altri luoghi simili da portare alla luce e vi piacerebbe poterlo fare?
“Ci sono molti altri luoghi simili ed ancora nascosti. Sarebbe certamente bello poterli recuperare, in quanto Bergamo è una città bellissima e se valorizzata porterebbe veramente tanti turisti. Abbiamo parecchia storia da raccontare; un turista potrebbe necessitare di una settimana di vacanza per poterla vivere come spesso noi italiani facciamo all’estero.”

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