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"...ho sempre voluto trasmettere emozioni e non solo suonare le note giuste..."
                                  di Paolo Acquati

     Diplomato in clarinetto come privatista presso il conservatorio di Mantova nel 1991 sotto la guida del M° Savino Acquaviva, Guido Bombardieri collabora con gruppi da camera in qualità di clarinettista e sassofonista. Ha partecipato ai corsi estivi di “Siena jazz 1992”, dove ha vinto una borsa di studio che gli ha permesso di frequentare il 4° meeting dell’Associazione internazionale delle Scuole Jazz (I.A.S.J.), a Graz, in Austria, nel maggio 1993, avendo come docente Dave Liebman.
     Nell’aprile del 1996 si è aggiudicato il terzo posto al concorso Massimo Urbani di Macerata. Nell’anno 1997 si è classificato al settimo posto della graduatoria “TOP JAZZ” nuovi migliori talenti indetto dalla rivista “Musica Jazz”. Nel settembre 2002 si è diplomato brillantemente in sassofono presso il conservatorio di Brescia.
     Ruoli orchestrali ed ensemble
     Primo clarinetto della “Filarmonica Mousikè” (vincitrice del titolo di “Banda dell’anno 1992”) e secondo dell’Orchestra dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha già effettuato tournèes in Germania e Canada. Un altro prestigioso traguardo raggiunto dal giovane musicista è la parte di primo sax contralto nell’orchestra Giovanile Italiana di jazz che ha iniziato la stagione concertistica nel febbraio 1993 con meta le principali città italiane ed estere.
     Nel 1992 ha formato un proprio quartetto, con il quale ha partecipato al “Festival Jazz di Bergamo 1992”. Nel 1995 ha formato il suo nuovo gruppo con Stefano Bertoli alla batteria Giuliano Vezzoli al contrabbasso e Beppe Caruso al trombone fino al 1998. Il nuovo quartetto è formato da Bertoli alla batteria, Sandro Massazza al contrabbasso e Fausto Beccalossi all’accordèon.
     Ha poi fatto parte del gruppo “Assaxination”, guidato dal sassofonista Sandro Cerino, che si è esibito al “Festival Mondiale del Sassofono”, svoltosi a Pesaro nel settembre 1992. Ora lavora saltuariamente in sala di registrazione come sessionman (Amii Stewart “Lady to Ladies”).
     Ha suonato con il gruppo “Elio e le storie tese” nella colonna sonora del film “quasi quasi” (2002). Sì è esibito in vari Festival, suonando con gruppi propri e con diversi ensemble: Clusone Jazz, Iseo Jazz, Bolzano Jazz Summer, Bergamo Jazz, Verona Jazz Festival, Festival Jazz di Sassari, Como Jazz Festival, Jazz a Chiasso, Vicenza Jazz, Treviso Jazz, Siena jazz Festival, Brianza Open Jazz Festival, Mantova Jazz, Festival Jazz del Lago Maggiore, Festival Jazz di Parma, Festival Jazz veneto, Brescia Jazz festival, Garda Trentino Jazzfestival, Festival Jazz di Nantes, Musiche dal mondo, Berlinfringe Jazz Festival, tournée a New Orleans, Nuoro Jazz Festival, Festival Jazz di Manerbio, Umbria Jazz Winter, Veneto Jazz.
     Collaborazioni
     Ha collaborato con formazioni orchestrali (“Ensemble Mobile” di Bergamo, “European Music Orchestra”, “La grande orchestra nazionale dell’A.M.J”). Fa parte della “Buffa orchestra” nello spettacolo prodotto dal teatro Strehler, con Antonio Albanese, testi di Stefano Benni e musiche di Luca Francesconi.
     Infine, occasionalmente collabora con jazzmen di chiara fama come Gianluigi Trovesi, Enrico Rava, Paolo Fresu, Marco Tamburini, Giorgio Gaslini, Sandro Gibellini, Mike Melillo, Tino Tracanna, Ares Tavolazzi, Rudy Migliardi, Franco D’Andrea, Mauro Beggio, Piero Leveratto, Luis Agudo, Franco Ambrosetti, Giacomo Aula e molti altri.
     Come nasce l'amore fra Guido Bombardieri e la musica? E perché proprio la musica jazz?
     “L'amore fra me e la musica possiamo dire che è cominciato quando ho iniziato a vivere, perché non ricordo un periodo della mia vita in cui non ho suonato. Ho iniziato a 6 anni frequentando un corso di batteria, poi, sebbene mio padre avesse capito che ero portato per lo strumento, il fatto che abitassi in un condominio rappresentò un problema e quindi, dall'anno dopo, iniziai a suonare il clarinetto. Dico sempre che se fossi vissuto in una casa singola forse oggi sarei un batterista.”
     “Posso dire che la musica è cresciuta con me e l'incontro con il jazz è avvenuto grazie a mio padre, che è un grande appassionato di musica, grazie all'acquisto di una collana di musica jazz in edicola. Avevo circa 12 anni e ricordo che c'era questo centinaio di dischi di cui iniziai ad ascoltarne un paio domandandomi che razza di musica fosse. Ascoltavo praticamente solo quello di Glen Miller, che riusciva a trasmettermi qualcosa, gli altri praticamente li ignoravo. Poi, in terza media (a quella età possedevo già il saxofono), l'insegnante di musica, con il flauto dolce, anziché far suonare ‘l'Inno alla gioia’ faceva suonare un ragtime e viste le mie capacità iniziò a registrarmi delle cassette per farmi conoscere il jazz e da lì ho iniziato ad ascoltarlo e a suonarlo. Per anni l'ho suonato, come si suol dire, ‘a orecchio’, perché nel frattempo suonavo il clarinetto classico. Una volta diplomato al conservatorio, ho approfondito gli studi frequentando seminari come Siena Jazz. Già attorno ai sedici anni comunque avevo avvertito che il jazz riusciva a darmi le soddisfazioni maggiori perché, grazie alle improvvisazioni, mi dava modo di sentirmi realizzato.”
     Clarinetto o sax? Cosa significano per te questi strumenti?
     “50 e 50, io mi sento sia clarinettista sia saxofonista, forse pensandoci bene mi sento leggermente più clarinettista, perché è lo strumento che ho suonato di più anche didatticamente. Va anche un po' a periodi, perché ci sono momenti in cui preferisco suonare più uno strumento e momenti in cui preferisco di più l'altro. Ad esempio, lo strumento che suono da minor tempo è il clarinetto basso, che ho da una dozzina d'anni, e che al momento dell'acquisto ho pensato di suonare in prevalenza per via della sonorità particolare che emette, poi nella realtà mi viene sempre la voglia di suonare anche gli altri. Sicuramente influisce molto anche il progetto a cui stai lavorando, perché in quel momento sai che ti devi concentrare maggiormente su uno strumento perché devi riuscire a dare quel qualcosa in più.”
     Quando possiamo dire che Guido Bombardieri è diventato un Musicista con la M maiuscola?
     “Quello non si potrebbe dire neanche adesso! Il musicista con la M maiuscola per me è quello che riesce a trasmettere emozioni indipendentemente dal genere musicale che suona, può farlo suonando una musica interamente già scritta, può farlo improvvisando dalla prima nota all'ultima.” E tu quando sei tornato a casa dicendo sono un musicista! “Beh, quello l'ho sempre sentito perché, anche da bambino, io, quando suonavo, mi ‘gasavo’ già! A dodici anni ho partecipato ad un concorso sonoro suonando ‘Feeling’ e durante l'esibizione io mi sentivo già ‘uno di quelli veri’, ero convinto di essere già un musicista. Già allora volevo trasmettere emozioni e non solo suonare le note giuste. La fortuna è stata anche di aver iniziato a suonare da piccolo perché cresci suonando e oggi sto meglio su un palco che giù, preferisco essere sul palco a suonare che ascoltare un concerto.”
     Ci racconti qualcosa della tua esperienza al fianco dei grandi del jazz?
     “Posso dire di avere avuto la fortuna di essere stato al fianco di grandi musicisti, indipendentemente dal jazz o non jazz. L'esperienza più importante penso sia stata la vittoria ad un Seminario che si è tenuto a Graz, con Dave Liebman nel '93-'94. Nonostante il mio difficile rapporto con l'inglese sono riuscito ad instaurare con lui un bellissimo rapporto sebbene lui sia considerato un ‘duro’ del jazz, uno che tiene sempre le distanze e non si fa problemi a dirti quello che ti deve dire. In quell'occasione erano radunati i migliori allievi di tutte le scuole del mondo e lui doveva esprimere il proprio giudizio su chi aveva delle chances per fare il musicista e chi no. Ricordo che fra tutti i saxofonisti partecipanti al Seminario, l'unico che si è presentato con il sax soprano sono stato io, quasi gli altri temessero il giudizio sullo strumento prediletto da Liebman, e ricordo ancora il suo sguardo nei miei confronti quando se ne è reso conto. Ricordo poi con piacere gli incontri con Rava, uno che dice poche parole, ma quelle poche parole sono sufficienti a farti imparare molto. Tantissimi stimoli mi sono stati trasmessi dalla collaborazione con musicisti brasiliani, tutti musicisti giramondo, sempre con la valigia in mano alla ricerca di nuove esperienze, che mi hanno fatto conoscere nuovi ritmi. Bellissima anche l'esperienza con i Cordoba Reunion, dove sono stato chiamato in alcune circostanze a sostituire Javier Girotto. Sono musicisti ‘pazzeschi’ in grado di trasmetterti un'energia indescrivibile.”
     Da un punto di vista discografico vanti diverse incisioni, qual’è l'album a cui sei più affezionato e perché?
     “Affezionato solo ad uno direi di no, però c'è l'album ‘Pensieri Africani’ del 2003 in cui, pur considerandomi più un improvvisatore che non un compositore, mi sono sentito realizzato. Penso sia uscito un ottimo lavoro, sia in fase compositiva, quanto in quella esecutiva, a cui hanno partecipato anche musicisti africani, ma non solo, nonché per la qualità del suono. Difatti non è così semplice in sala di incisione far capire al fonico che tipo di suono tu vuoi generare e qui è uscito un ottimo lavoro.”
     “Circa tre mesi fa poi è uscito l'ultimo lavoro ‘Orsù, all'Opera’, un CD doppio in cui abbiamo arrangiato brani tratti dalle Opere (La Bohéme, Carmen e L'elisir d'amore), è nato da un'idea di Fabio Piazzalunga, che proviene dalla musica classica e vede coinvolto oltre a Piazzalunga (pianoforte) e al sottoscritto anche Stefano Bertoli (batteria). È uscito un lavoro molto trasversale, che ha ottenuto un buon riscontro da parte del pubblico, il quale dimostra sempre di apprezzare durante i live.”
     È iniziata la stagione estiva dei concerti, ci sono delle date che ti vedranno protagonista?
     “Spero ce ne saranno di più rispetto a quelle che già sono in calendario; purtroppo, negli ultimi anni, causa la crisi economica, la mancanza di fondi, ma non solo, gli organizzatori tendono a chiamarti all'ultimo momento. In terra bergamasca sicuramente raccomando l'appuntamento del 3 agosto a Cene, dove verrà presentato il live di ‘Orsù, all'Opera’. Ci sono poi una serie di impegni in Veneto e sul Lago Maggiore, con protagonista il progetto ‘Le fiabe del Jazz’, si tratta di tre audio libri, musicati con i brani di Coltrane, nati per i bambini, ma che piacciono tanto anche ai genitori.”
     A quale progetto stai lavorando attualmente?
     “Ultimamente mi è venuta la voglia di riprendere in mano il progetto ‘Pensieri Africani’, sto riarrangiando alcuni brani e ne sto scrivendo di nuovi, inserendo nuovi strumenti, in particolare la marimba. Insomma una versione 2010 di ‘Pensieri Africani’”.
     C'è qualcuno a cui pensi di dover dire grazie?
     “Confermo la risposta che diedi ad un'intervista di dieci anni fa: sicuramente a mio padre! È stata la persona che già a partire dai 5 anni mi ha insegnato cosa è la musica, ha capito che poteva essere importante, però non mi ha mai ‘stressato’, permettendomi di vivere la mia infanzia e la mia giovinezza. Non ha mai preteso di più, io suonavo la mia oretta di clarinetto e poi andavo al parco a giocare con gli amici, anziché alle 3 ci andavo alle 4. Poi, una volta che ha capito il mio amore per la musica, si è messo in disparte limitandosi ad ascoltare, senza fare alcuna forzatura. Poi sicuramente devo dire grazie a tutti quei musicisti che in questi anni mi hanno capito e mi hanno anche sopportato, Stefano Bertoli è sicuramente uno di questi. Lo ritengo oltre che un collega un grandissimo amico con cui suono da quando avevamo 18 anni, uno di quelli con cui ti trovi bene sia lavorativamente sia per condividere dei momenti di vita.”
     Cosa pensi del momento che sta attraversando la musica? Quale è la tua “ricetta” per il futuro?
     “Per me più che di musica dobbiamo parlare di un problema culturale. Adesso si suona di meno perché c'è la crisi? Sì, certo, è vero, ma non è solo un problema di soldi. Se la gente iniziasse ad insegnare ai ragazzi ad ascoltare la musica, ad andare a teatro, ad apprezzare l'arte fin da quando frequentano le elementari, a far loro frequentare corsi di musica, di recitazione, di ballo, questi cresceranno, indipendentemente dal livello di istruzione che raggiungeranno, con la voglia di andare ad un concerto, ad assistere ad uno spettacolo. Un contributo importante deve arrivare poi dalla scuola, è attraverso la formazione che nasce lo spettatore di domani e potrà essere lo spettatore di una rappresentazione artistica oppure lo spettatore di un programma televisivo, mentre sappiamo bene quale sia il livello culturale della televisione di oggi.”

www.jazzitalia.net/Artisti/guidobombardieri.asp - www.myspace.com/guidobombardieri

 

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