Il 1840 si chiuse con una parentesi amorosa felice nella vita del compositore: egli ebbe una relazione con la moglie del banchiere de Coussy, Zelie, dalla quale trasse un poco di conforto affettivo. Dopo aver trascorso le vacanze insieme a lei in Svizzera, “madame” accompagnò il maestro in Italia, dove era intenzionato a passare le vacanze natalizie in casa Vasselli. Purtroppo, a causa di una burrasca, arrivò in Italia solo il 28 dicembre. La valigia dei “cadeaux” conteneva anche un'altra sua opera commissionatagli dall’impresario romano Jacovacci: “Adelia” o “La figlia dell’arciere”, che andò in scena al teatro Apollo di Roma l’11 febbraio 1841. L’effetto Donizetti, ovvero la conseguenza della sua grande popolarità, causò un pasticcio: il teatro era affollato, vista la vendita più che abbondante di biglietti, e accadde “un baccano infernale”. L’impresario andò in galera e l’opera fu ben presto dimenticata, suo malgrado. Il musicista fece allora ritorno a Parigi dove, in un periodo di calma, compose “Rita”, opera comica che fu un piccolo capolavoro. La permanenza intermedia a Milano, ospite dell’amico impresario Bartolomeo Merelli, gli permise di recarsi spesso nella sua amata Bergamo, ospite dei baroni Basoni-Scotti fino al 9 marzo 1842 quando, dopo aver applaudito alla Scala un giovane Giuseppe Verdi, ne il “Nabucco”, si lanciò in una nuova avventura.
     Dopo aver affascinato Parigi, su richiesta dell’amico Morelli, il 19 maggio 1842, mise in scena al Kärntnertortheater di Vienna l’opera “Linda di Chamounix”, un altro capolavoro. L’imperatore Ferdinando, il quale aveva assistito alla rappresentazione dell’opera, propose al musicista di comporre qualche brano per la cappella imperiale, così egli scrisse una “Ave Maria” a cinque voci ed archi dedicata all’Imperatore ed alla Imperatrice sua consorte, Maria Anna. L’intera corte asburgica lo acclamò e il 3 luglio 1842 venne nominato maestro di cappella e di camera dell’imperatore. Donizetti era al settimo cielo per avere quello che era considerato “il posto di Mozart”, però i successi viennesi non erano casuali, ma frutto, oltre che del suo genio, anche di una certa maturità nella scelta dei brani da proporre al suo pubblico. Nonostante tutto, i ricordi e gli affetti lasciati in Italia lo fecero rientrare in patria per sistemare ciò che aveva lasciato in sospeso, anche se non riuscì mai a vendere la casa napoletana, dove aveva vissuto con l’amatissima moglie Virginia. Giunto in patria, gli venne offerto di scrivere un’opera comica e si mise subito al lavoro. L’opera “Don Pasquale” andò in scena al Theatre des Italiens, a Parigi, il 3 gennaio 1843, e il pubblico francese andò in delirio. I critici fecero notare che la voglia di nozze del protagonista, Don Pasquale, appunto, era quasi…

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