RISORSE NAZIONALI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
                                  di Pierluigi Piromalli

     L’elefantiaco debito pubblico nazionale rappresenta ormai una palla al piede del Paese e ne condizionerà fortemente lo sviluppo se non interverranno sostanziali e concrete riforme strutturali, sociali e previdenziali, attese come ciambelle di salvataggio per un sistema imploso. La pletorica ed ampollosa attività legislativa non ha finora condotto a riforme copernicane, ma si è limitata a semplici interventi correttivi che non riescono, comunque, a dare allo Stato la forza di rinnovarsi, soprattutto nel comparto della pubblica amministrazione e dei servizi essenziali.
     Il tassativo rispetto del rapporto Pil/deficit pubblico, imposto dall’UE, ha obbligato il nostro Esecutivo a concentrare l’attenzione sulla gestione delle risorse finanziarie contenendo se non abbattendo gli sprechi, vere galline dalle uova d’oro per una nomenclatura politica che, nei decenni, ha favorito la distribuzione, non sempre trasparente, dei denari come l’albero della cuccagna. Le Pubbliche amministrazioni hanno, quindi, progressivamente subìto una forte limitazione di risorse che si è abbattuta come una mannaia sugli organici, giustamente ridimensionati.
     Purtroppo, l’abbattimento numerico dei pubblici dipendenti ha penalizzato la qualità dei servizi erogati dagli enti, degradati senza alcun controllo e zavorrati sulle spalle dei vilipesi cittadini. In questa mattanza amministrativa le forze dell’ordine hanno patito, al pari se non più di altri enti, la progressiva contrazione delle spese e l’esiguo conferimento di risorse per far fronte ad una sempre crescente richiesta di presenza sul territorio, determinata da una metamorfosi storica del Paese e dai flussi migratori che si sono accompagnati alla nascita di nuove sacche di criminalità con conseguente aumento dei reati. Le condizioni in cui versano le forze dell’ordine sono note a tutti, sia in termini di organici sia in termini di dotazioni logistiche e strutturali. Se a questo si aggiunge un garantismo e un’impunità che trovano terreno fertile nella legislazione nazionale che consente di accedere facilmente a benefici di legge che mortificano la certezza della pena, non si può pensare che l’opinione pubblica possa dormire beatamente tra due guanciali. Il legislatore appare piuttosto insensibile di fronte alla richiesta di interventi riformisti che possano finalmente far uscire la giustizia da quel limbo di facile assoluzione senza snaturare la filosofia giuridica sulla quale si fonda la funzione repressiva e preventiva della pena. L’eco di efferati fatti di cronaca ha, infine, sollecitato un

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