perché a causa della sua violenza mi si erano strappati i punti della ferita e hanno dovuto ricucirmi nuovamente."
     Dove hai trovato il coraggio per andartene?
     "Negli occhi di mio figlio, il nostro secondo figlio. Una sera mi stava picchiando ed io ho visto lui che con occhi sbarrati, per quanto fosse piccolo, ci guardava da dentro il suo lettino. Ho avuto paura, paura per lui. Mi sono detta che forse un giorno avrebbe potuto fare altrettanto con lui e con mia figlia. Non potevo rischiare."
     Qual è stata la tua forza?
     "La mia mente. C'è una cosa che nessuno mai potrà rubare ad un altro individuo: i pensieri. Con la mia testolina, nella mia mente, vagavo... raddrizzavo una giornata storta pensando ai giochi sereni dell'infanzia in riva al mare. Evadevo dalla tristezza immaginando viaggi, incontravo le persone a cui non avevo avuto la possibilità di esprimere i miei sentimenti nella mia testa e con loro parlavo e parlavo, rivedevo i miei amici, mi confidavo con i miei familiari. Parlavo tanto anche con me stessa, rivivevo le giornate, immaginavo come avrebbero potuto essere diverse e in cuor mio ho sempre saputo. In fondo al mio cuore ho sempre saputo che non era giusto che la mia vita si esaurisse così. E la mente mi ha permesso di capirlo. La mente rende liberi, e la libertà, l'indipendenza del pensiero rende comunque forti. Possono illuderti, tradire le tue speranze, i sogni. Ti possono ferire, disilludere, annichilire. Ti possono rubare l'amore ma non i pensieri."
     Cosa vuoi dire alle donne che ci leggeranno?
     "Siamo tante ma siamo in tante anche ad avercela fatta. Non è facile, ma è possibile. Guardatevi nel cuore, lì dentro, nell'angolino più nascosto in cui solo voi avete accesso, sapete cosa c'è scritto, sapete leggere quel che desiderate. Nel cuore c'è la verità. Nella mente la vostra forza. Fatevi aiutare. Anche io mi sono rivolta ad uno psicologo. Non sapevo rispondere a quel perché, non sapevo dirmi se davvero fossi pazza o meno, avevo tante domande e tanti interrogativi a cui non sapevo dare risposta. Dopo aver creduto per anni che prima o poi la situazione si sarebbe sistemata, che lui sarebbe cambiato, un giorno ho alzato la cornetta e ho semplicemente detto: ‘Aiuto, credo di essere pazza’. Successivamente, parlando e raccontando cosa vivevo quotidianamente ho trovato nel dottore quel che in fondo al cuore già sapevo o quantomeno intuivo: non ero io quella pazza. Non ero io quella malata. Il tribunale l'ha condannato. Il mio unico difetto è stato quello di essere innamorata e troppo buona. Sfortunata

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