in maniera volutamente un po’ posticcia, viene applicato il gruppo targa/frecce facilmente asportabile, così come gli specchi retrovisori, le frecce anteriori e le pedane passeggero, tutte cose pressoché inutili in pista. Così facendo, tolto il superfluo, con l’aggiunta di due gomme slik, uno scarico aperto e le giuste regolazioni telaistiche, eccola pronta per il trofeo monomarca appositamente dedicatole da YAMAHA. Fantastico!
La moto, invero, invoglia verso questa direzione agonistica proprio come vogliono gli stessi tecnici di Iwata, proponendo, con chiari messaggi, le intenzioni della casa costruttrice. Per esempio, sulla nuova R6 c’è la possibilità
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di abbassare il posteriore di 6 millimetri, operando l’asportazione di una rondella posta nell’ammortizzatore posteriore, il quale è totalmente regolabile (in estensione e compressione) così come la forcella anteriore, dotata di steli da 41 millimetri. Il tutto per un assetto più racing possibile e personalizzabile.
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Da segnalare, inoltre, tra le novità introdotte in questa ultima evoluzione, il sistema di aspirazione variabile dell’air-box denominato YCC-I, coniugato all’acceleratore elettronico già presente sulla precedente R6 ed in questa ultima evoluzione ulteriormente affinato (YCC-T). Queste innovazioni tecniche fanno sì che l’erogazione della nuova YZF sia più pastosa e piena già a basso numero di giri, dove la precedente versione, invero, era più vuota e priva di coppia. Il nuovo telaio DELTABOX, poi, fa il resto e se la posizione di guida, ora avanzata di altri 5 millimetri, costringe a qualche sacrificio in più in termini di comodità, in pista è una vera manna dal cielo, ovvero è più efficace nell’unico luogo ideale per il fine e per gli scopi a cui la R6 è stata pensata e, solo lì, si comprendono pienamente tutti i perché delle scelte fatte nel sacrificio del confort di guida.
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