depressione in quanto potrebbe, prima o poi, commettere un omicidio. In gergo giurisprudenziale se manca la “notizia di reato” non è possibile procedere. Dal punto di vista tecnico, tanto più, non è possibile sequestrare una risorsa web straniera, in quanto non si ha, di fatto, giurisdizione in loco.
     Allarghiamo la nostra visione da un punto di vista europeo. Non esiste reato per un fornitore di servizi di rete che consente il flusso di dati, anche illegale, a patto che questi non siano gestiti con strumenti di caching router, ovvero con sistemi che memorizzano il dato e lo rendono disponibile a tutti per un certo periodo di tempo. Diversamente, i vari eMule, eDoncky ecc… sarebbero di base programmi illegali. Fissiamo il terzo punto: PirateBay.org non controlla i contenuti indicizzati e quindi non può né discernere quelli illegali da quelli leciti, né conoscere i contenuti e quindi, eventualmente, filtrarli. Torniamo allora in Italia, dove chiunque può constatare che, in ogni caso, non esiste una norma nel nostro codice di procedura penale che consenta quanto disposto dal GIP, ovvero sequestrare un dominio con il blocco a livello di DNS.
     Veniamo alle conclusioni. Il caso PirateBay.org ha fatto, naturalmente, il giro del mondo. L’ALCEI (l’Associazione per la Libertà della Comunicazione Elettronica Interattiva) ha interpellato il nostro Garante per la Privacy al fine di conoscere se il modo di procede dell’indagine è da considerarsi lecito. Di fatti, sembra che per questo caso si sia già utilizzato un sistema di investigazione che in Italia ancora non è consentito per legge, il quale permette ai proprietari dei diritti d’autore, secondo l’ennesima direttiva in merito alla proprietà intellettuale, di affiancare alla magistratura una squadra tecnica che aiuti il reperimento di prove accusatorie con un proprio staff investigativo.
     Vita sempre più dura per i downloader cronici!!!