assistente Rosalino di scoprire il luogo del torneo, per renderlo un evento mondiale in diretta. Alla ricerca dei leggendari gemelli Finezza, fuoriclasse del pallone, i Celestini incontrano ogni sorta di strambo personaggio: la famiglia di pittori pazzi Pelicorti, il creatore dei famburger Barbablù, il professor Eraclitus, i componenti delle altre “nazionali” di orfani... La storia procede veloce verso un finale infiammato, degna conclusione di un'avventura rocambolesca.
     Del libro di Benni è già stato detto tutto e il contrario di tutto: l'allegoria dell'Italietta anni '90 è palese, si può facilmente vedere in filigrana all'Egoarca la figura di Berlusconi e riconoscere in tutti i suoi servi idolatranti i meschini arrivisti che popolano la penisola, ma, in modo più generale, Mussolardi è forse l'emblema della sete di potere che è presente in ognuno e che, se prende il sopravvento, genera mostri. I Celestini sono i buoni, gli adulti i cattivi; i giusti sono gli emarginati, il riscatto avviene sconfiggendo la disillusione consumistica con la forza dell'utopia. Forse una dicotomia troppo netta, ma funzionale allo svelarsi della decadenza politica e morale di Gladonia e dell'Italia degli anni '90 e certo applicabile in modo molto attuale alla situazione di questi anni.
     Benni, con il suo solito piglio favolistico, distribuisce staffilate a destra e a manca, senza voler essere uno scrittore comico regala pagine di puro divertimento. Lasciando da parte le analisi sociologiche, che rischiano di mettere in secondo piano la qualità dell'opera, è, secondo me, più proficuo concentrarsi sull'utilizzo da giocoliere che Benni fa della lingua italiana. Baricco, recensendo “La compagnia dei Celestini”, disse che Benni “siringa nel linguaggio le scorie della realtà e si trova in mano un linguaggio dopato, che nelle sue escandescenze urla la realtà”. È una continua commistione degli aspetti più contraddittori della nostra epoca, la convivenza di stimoli e materiali che generano la confusione a cui oggi si assiste quotidianamente. Una Babele di indicazioni morali e orientamenti, che stordisce e impone di farsi trascinare dalla sua corrente, a meno che non si voglia essere affondati dalla sua incoerente forza.
     Benni non ci fornisce istruzioni per l'uso, si limita a registrare e raccontare l'Italia che vede dal suo posto da osservatore privilegiato: privilegiato perché la penna permette di trasformare lo squallido in ridicolo, i prevaricatori in caricature da sfottò. Privilegiato perché, nel mondo parallelo di Guidonia, un Barbablù può anche pentirsi del male che ha fatto e produrre solo famburger vegetariani e tre orfani possono trasformarsi in eroi.
     Con tutta la cronaca nera che quotidianamente ci mostra quanto è brutta la vita in quest'angolo d'Europa, forse un libro così serve, anche solo per regalare un sorriso amaro o, perché no, una risata liberatoria.
                                                                               Silvia Ferrari

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