LA COMUNICAZIONE DI UNA BUONA LEADERSHIP
                                  di Enrico Caruso

     Il leader o qualsiasi persona investita da responsabilità nel diri­gere un gruppo, è chiamato anzitutto a sottoporsi ad un con­tinuo processo di verifica dei propri limiti, mediando le diffi­coltà che si presentono all'interno del gruppo. Costui, quale rap­presentante dei significati salienti delle vicissitudini del gruppo, diventerà l’esponente dei “fantasmi” evolutivi non realizzati dal gruppo.
     Nella gestione del potere è consigliabile per il leader non accentrare univocamente la relazione su di sé, senza dar spazio ai transfert paralleli, ossia alle relazioni che avvengono tra i componenti. Il capo è chiamato a vigilare sulla tendenza alla tirannia e all'ambizione estrema che potrebbe deturpare la sintonia del gruppo. Nel prospettare decisioni o proporre progetti, egli deve essere in continua sintonia con i tempi evolutivi e con la maturazione del gruppo. La funzione del leader non è solo quella di decidere: egli ascolta, chiede informazioni, sta in silenzio, osserva l'interazione dei componenti ed altro, aiuta in tutti i modi la struttura gruppale ad essere ciò che è.
     Per il buon funzionamento della leadership e per favorire la creatività all'interno del gruppo si possono stabilire delle regole: 1) È auspicabile che il leader sia polo ricettivo e rielaborativo di tutte le comunicazioni; 2) Il leader deve essere consapevole di essere un “ago della bilancia” senza essere direttivo, intrusivo o assente, rendendosi promotore di una funzione chiarificatrice; 3) Egli deve essere consapevole della sua funzione di “termometro” della comunicazione affettiva che si realizza tra i membri del gruppo; 4)Per farsi rispettare nei rapporti interpersonali e per tenere la giusta distanza, il capo deve astenersi dall'uso di manipolazioni basate sul terrore.
     Quando il leader cade nelle “trappole” manipolative del gruppo, si frammenta la sua funzione di coesione e di “termometro” del clima emotivo, diventando vittima di sentimenti cattivi proiettati da ogni fazione, che ricerca la distruzione della fazione opposta. Il leader, perdendo la sua capacità di negoziazione, potrà lasciarsi coinvolgere attraverso l'uso di decisioni azzardate e di incursioni aggressive. Il leader caduto in sentimenti persecutori si aggrapperà alla logica del “cogliere in fallo” ogni componente del gruppo, per poi farlo sentire una nullità, oppure si metterà a “classificare o collocare in categorie” tendendo a rimarcare le contraddizioni fra le fazioni che si contendono il dominio.
     Il leader che cerca di soddisfare bisogni personali attraverso il gruppo diventa facile preda del coinvolgimento delle “manovre politiche” esercitate dai componenti. Il capo, non riuscendo a sanare le situazioni di blocco della comunicazione, non sarà più ritenuto un soggetto imparziale né tantomeno un buon capo.

 
 
 
 
 
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