in conseguenza del quale verranno rielaborati ruoli, priorità, meccanismi e risorse che gravitano intorno all’ex colosso di Rodi, osteggiato, fin dalla sua nascita, dai sostenitori dello scalo romano di Fiumicino. Se da una parte appare difficile ipotizzare, nel turbolento mercato dei cieli italiani, l’intervento di una cordata imprenditoriale del Nord che favorisca la nascita di una compagnia alternativa ad Alitalia, capace di colmare il vuoto della medesima e di intercettare il gradimento dell’utenza, dall’altra è più verosimile attendersi il classico compromesso all’italiana, camuffato dalle capziose e finte urla degli amministratori locali, che ridimensionerà lo scalo, declassato da hub a grande aeroporto, come già candidamente anticipato, neanche tanto implicitamente, dai vertici della compagnia d’Oltralpe.
     L’abbattimento delle tratte intercontinentali, autentico ma sottostimato valore aggiunto di Malpensa, si ripercuoterà su tutto il sistema aeroportuale lombardo ed anche nazionale, determinando una perdita di competitività dell’intero complesso ed una inevitabile contrazione economica non quantificabile, ma percepibile già nel medio termine. La convocazione del “tavolo Milano”, al quale sono intervenuti, in una prima fase ma senza apprezzabili risultati, Formigoni, Penati e la Moratti, rappresenterà un ulteriore tentativo di mediazione sollecitato dagli organismi sindacali, commerciali ed industriali, ma che difficilmente impedirà al Governo di ridiscutere o interdire l’ingresso di Air France – KLM nei destini di Alitalia. Dopo aver estromesso dalla trattativa Air One, sostenuta da Banca Intesa – San Paolo, che probabilmente avrebbe privilegiato lo sviluppo del progetto Malpensa risanando la compagnia e mantenendo l’obiettivo dell’interesse nazionale, il Governo si appresta a svestirsi del proprio ruolo di controllore e gestore del servizio pubblico, confermando l’impressione che lo vuole volutamente e colpevolmente estraneo alle grandi tematiche politico - strutturali che investono il Paese.
     Nel frattempo, Alitalia continua incessante a macinare perdite record incenerendo risorse e mantenendo una pletorica consistenza di forza lavoro non più sostenibile, soprattutto in un’ottica palese di difficoltà gestionale. Da più parti si sono levate voci secondo le quali il fallimento della compagnia avrebbe rappresentato il male minore di fronte ai potenziali scenari che in questi giorni stanno prendendo forma. Del resto, Paesi come la Svizzera ed il Belgio attraversarono simili crisi culminate con il fallimento delle rispettive compagnie nazionali, ricostituitesi con nuovi piani industriali e nuovamente operative. Il problema Italia è invece l’espressione tangibile di una sorta di resa incondizionata del governo, che non prospetta nulla di buono per il Paese, bisognoso di significative e radicali decisioni nell’interesse della collettività ed, ancor prima, di un sostanziale e marcato ricambio di una classe politica avvitata su se stessa.

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