rivestire, almeno per quanto concerne la celebrazione dei processi che coinvolgono esponenti politici, un ruolo di sponsor del garantismo, insinuando nella popolazione il convincimento che la giustizia venga meno al proprio compito istituzionale e si genufletta ai voleri dei poteri forti.
     Fin qui si potrebbe pensare che ciò rappresenti la storia del mondo che rinnova privilegi di casta servendosi degli apparati di tutela costituzionale ma, in realtà, quello che è accaduto e che accade in Italia è il prodotto di un volontario assalto ai Palazzi del potere per assumerne il controllo. Il potere giudiziario è stato quasi privato della propria autonomia ed è stato piegato al volere dell’esecutivo che ne ha paralizzato l’efficacia, rendendolo frammentario, pletorico, poco incisivo e privandolo dell’effetto deterrente.
     In questo contesto, ove il garantismo è diventato parola d’ordine e credo irrinunciabile, hanno avuto accesso anche i fenomeni migratori che si sono accompagnati al radicarsi sul territorio di attività criminali più o meno strutturate. Queste realtà, ormai impadronitesi di ampie zone del Paese, si sono via via rafforzate facendo perno proprio sulla mancanza di certezza della pena o, quantomeno, sulla possibilità di fare ampio ricorso agli istituti alternativi alla detenzione, vera  bengodi per delinquenti recidivi e abituali. In questo nuovo scenario nel quale le fondamenta della società civile vengono indebolite da improvvidi e poco lungimiranti interventi legislativi, materialmente elaborati da scribacchini, professori, cattedratici, pensatori e legulei prezzolati a spese del contribuente, si è consumato il grande inganno che ha consegnato al Paese bande di malfattori, non solo in colletti bianchi, che agitano i sonni degli inerti cittadini. Gli urlatori romani, incravattati nei loro ruoli parlamentari e rinchiusi nelle metaforiche stanze dorate del potere, intonano finti slogan a difesa della certezza del diritto salvo poi dimenticare, in sede di approvazione legislativa, il ruolo per il quale sono stati eletti.
     Il Paese, oggi più che mai, rivendica il diritto e la necessità di far prevalere il rispetto delle regole e la certezza della pena, principi ispiratori di una società civile. Il ricorso all’indulto, optional giuridico da giocare “una tantum” nelle rinnovate legislature, la contrazione delle risorse per la giustizia, l’abbattimento dei costi per le forze dell’ordine, il disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, la precaria situazione in cui versano gli istituti di detenzione e via discorrendo, hanno fin qui rappresentato la copertura di un consapevole progetto volto a mantenere uno status quo che, per qualche oscuro motivo, non può essere alterato. Solamente la piena consapevolezza dell’elettorato, ancor prima di una collettività pensante, potrà spingere i rappresentanti democraticamente eletti ad intervenire per un radicale cambiamento di rotta che circoscriverà il garantismo in ambiti di tollerabilità, ma non di impunità.

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