SCARICARE E CONDIVIDERE FILE PROTETTI DAL DIRITTO D'AUTORE
ERA E RIMANE ILLEGALE

                                 di Gaetano Marco Parisi

     È di questi giorni un'autentica notizia-bomba, pubblicata con gran risalto da molti e autorevoli organi di informazione: "Scaricare da Internet file protetti non è reato se non ci si guadagna" (il Sole 24ore). "Musica on-line, lecito scaricarla se non c'è lucro" (Sentenza a sorpresa della Cassazione) " La Siae : è uno scivolone, reagiremo" (Corriere della Sera). "Cassazione: scaricare da Internet? Niente lucro, niente reato" (L'Unità). "Non è reato scaricare film da Internet se non c'è lucro. Non scatta la condanna penale nemmeno se l'opera è coperta da copyright. Accolto il ricorso di due studenti: non hanno tratto alcun profitto" (Adnkronos). " Scaricare da web? Ok se senza lucro" (Ansa).
     Festeggiamo? No, perché non c'è un bel niente di rivoluzionario, scaricare e condividere file protetti dal diritto d'autore rimane illegale. Siamo di fronte all'ennesima sentenza stravolta nel suo significato dai giornalisti. Con cadenza quasi mensile, gli organi di stampa ci riferiscono di sentenze rivoluzionarie o scandalose (in base all'effetto piacevole o spiacevole che permette di vendere più copie), sintetizzandone il contenuto in frasi ad effetto che in realtà nulla hanno a che vedere con ciò che ha espresso la Suprema Corte : la più divertente in assoluto, insuperata nonostante sia già passato qualche anno, era stata "Picchiare la moglie non è reato, purché non si faccia più di una volta all'anno", ma ce ne sono a iosa (magari un giorno scriverò un articolo sulle migliori). Cerchiamo comunque di capire perché la sentenza sul download e la condivisione di determinati contenuti non decreta quello che le principali testate ci hanno, con pericolosa superficialità, riferito.
     Primo, la "sentenza" non è "legge". La legge esprime princìpi generali, validi per una generalità di situazioni, la sentenza invece si applica al solo caso concreto, ovvero a una specifica persona che ha tenuto un certo comportamento, in una situazione specifica, con numerose particolarità. Dal fatto che un uomo che ha commesso un omicidio venga assolto non si può trarre la conclusione che uccidere sia divenuto lecito, ma solo che quel uomo, in quella particolare circostanza, poteva legittimamente uccidere la specifica persona che ha ucciso. Secondo, la sentenza è divisa in tre parti: il fatto, con la descrizione di quanto è accaduto, i motivi della decisione, con il procedimento logico e le leggi applicate dai Giudici per raggiungere il verdetto, e il dispositivo, cioè la decisione in forma estremamente sintetica (essenzialmente, "condanna" o "assoluzione", senza

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