È stato forse il difetto più grande di Oswald, essere un manipolabile agnello da sacrificare, l'attentatore perfetto, costruito portando all'estremo le sue caratteristiche di straniero in patria: dislessico, violento, comunista. Un colpevole per tranquillizzare gli americani, il terrorista ammanettato e assicurato alla giustizia, la pace tornata sulle case bianche e sui prati ben falciati dei cittadini perbene.
     Era il 1963, ma avrebbe potuto essere il 2001: anche per l'attentato al World Trade Center si sono ipotizzati scenari di fantapolitica con complotti orditi dalla Cia per colpire la nazione dall'interno e giustificare una guerra al nemico esterno, Al Qaeda. Cambia l'epoca storica, cambiano le modalità dell'avvenimento, ma non cambia la reazione americana. Il bisogno di schierarsi, compatti, contro chi minaccia la serenità di una nazione grande sotto tanti punti di vista, il bisogno di eliminare la parte necrotizzata di una società complessa e difficile hanno portato ad uno stato di allerta che si protrae ormai da anni, ma questa volta il terrore ha trovato un altro modo per penetrare nell'altrimenti blindatissima corazza statunitense: questa volta non basterà il sacrificio di un Lee Harvey Oswald per rimettere a posto i tasselli spazzati via insieme alle Torri.
     Tornando a quel pomeriggio del 1963, probabilmente non sapremo mai come andarono veramente le cose: Oswald venne ucciso con un colpo di pistola sparato a bruciapelo durante un trasferimento dal carcere, due giorni dopo l'arresto. Lo giustiziò Jack Ruby, un proprietario di night club con problemi finanziari e psicologici, ristabilendo l'ordine, uccidendo il cattivo. Facendo giustizia là dove un complotto oscuro e ingiusto aveva distrutto la magnifica invulnerabilità dell'America, per sempre.
                                                                               Silvia Ferrari

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Recensione, Don, DeLillo, Libra, Lee, Harvey, Oswald, Omicidio, Kennedy, New York, Scrittore, Presidente