LIBRA
                                 di Don DeLillo

     Gli Stati Uniti sono, nel bene e nel male, onnipresenti nelle cronache dell'epoca moderna. Per il resto del mondo questo grande Paese è una materia sfuggente, di volta in volta ricco Epulone da biasimare o alleato prezioso, terra proteiforme che sembra potersi mostrare in qualunque modo si stia cercando di vederla; terra affascinante, musa ispiratrice di innumerevoli artisti e scrittori in ogni parte del globo, ma quando si cerca di raccontare gli States non è mai come quando, a farlo, è uno dei suoi figli. Don DeLillo è nato nel 1936 a New York, nel malfamato quartiere del Bronx; autore, tra le altre opere, del celebre “Underworld”, con “Libra” gira il coltello nella piaga di uno dei momenti che più hanno rischiato di mettere in ginocchio l'America: l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy.
     22 novembre 1963: Il presidente attraversa, su una macchina scoperta, la folla che lo attende a Dallas, Texas. All'improvviso un colpo, poi altri due: è un attimo, e il corpo di Kennedy si accascia sul sedile, mentre la First Lady si slancia sul marito, forse per proteggerlo. “The president is dead”. Viene arrestato un uomo, Lee Harvey Oswald, di simpatie comuniste, sposato con una ragazza russa: la polizia ne è certa, è stato lui a sparare, bene in vista alla finestra di un palazzo antistante il luogo dove il corteo presidenziale sfilava. DeLillo affronta uno degli avvenimenti più sconvolgenti della storia americana, mescolando realtà e fantasia, romanzando quella che resta una delle segrete convinzioni di gran parte dell'opinione pubblica statunitense e non. L'infanzia di Oswald non fu delle più serene: sballottato in continui traslochi al seguito di una madre spesso assente e senza una figura paterna, cresce sviluppando dei disturbi comportamentali che lo portano a episodi di aggressività verso i coetanei. Giudicato un individuo violento e dissociato a causa di gravi mancanze d'affetto, viene subito assegnato a cure che non riceverà mai: la madre fugge a New Orleans, portando con sé il figlio.
     Dislessico, asociale e manesco, a sedici anni lascia la scuola e tenta di arruolarsi in Marina, dove riuscirà a entrare solo qualche anno più tardi. L'esperienza da militare non è felice, anche per le punizioni e l'isolamento provocati dal suo comportamento anomalo e dalle dichiarate simpatie comuniste: nel 1959 abbandona il corpo dei Marines ed espatria in Russia.

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