POLITICA NAZIONALE E IMMIGRAZIONE
                                 di Pierluigi Piromalli

     L’Italia post tangentopoli si lecca ancor oggi le ferite generate da una politica disordinata e clientelare, che ha colpevolmente ignorato le problematiche sociali che dagli anni novanta in poi hanno scosso il Paese e le sue dilettantistiche istituzioni. Uno dei problemi di maggior rilievo, con i quali l’opinione pubblica deve convivere, è rappresentato dall’immigrazione, aspetto che assume una sempre maggiore incidenza soprattutto nei popolosi bacini settentrionali della nazione e che sta modificando le abitudini e gli stili di vita delle comunità territoriali.
     La società multietnica è ormai una realtà imprescindibile ed è figlia di quella ambigua volontà globalizzatrice perseguita dai maggiori paesi industrializzati, i quali, nell’ottica di una gestione collettiva delle risorse mondiali, hanno favorito il flusso massiccio ed incontrollato delle migrazioni di massa che inevitabilmente trascinano con sé gli aspetti sommersi e aberranti del fenomeno. La legislazione nazionale, caratterizzata dai mille compromessi, dagli infiniti emendamenti, dai litigi ideologici dei parlamentari e delle loro caste di appartenenza, ha partorito norme poco incisive e facilmente eludibili e anche laddove il legislatore è riuscito ad introdurre meccanismi di controllo e di repressione della clandestinità, si sono autogenerate situazioni paradossali e macchinose che, per intoppi burocratici, mantengono lo status quo con buona pace degli elettori.
     A margine delle anomalie legislative e delle lacune istituzionali si pone, poi, la casta degli intellettuali, che sostiene ideologicamente e spesso acriticamente le grandi tematiche sociali senza considerare gli effetti devastanti che tali situazioni possono nel tempo determinare all’interno della collettività. L’approccio ai problemi e, nel caso in specie, a quello particolarmente allarmante dell’immigrazione, rimane sempre confinato in una periferica area legislativa e, fin dai tempi della Legge Martelli, il destino dell’Italia è stato irreversibilmente scritto ed il Belpaese - oltre che terra di turismo enogastronomico, montano, lacustre e marino - è diventato un ridente giardino d’Europa, dove mecenati travestiti da politici, amministratori ed imprenditori fanno a gara per sventolare drappi festosi e stendere metaforici tappeti rossi per accogliere orde di immigrati che quotidianamente sbarcano sulle vulnerabilissime coste nazionali.
     La legge Bossi-Fini, parto (cesareo) della scorsa legislatura, ha indotto litigi più o meno agguerriti tra le opposte coalizioni che controbattono enunciando

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