|      Ciao Fausto. Malgrado  gli sforzi e la tenacia nell’assisterti per premiare la tua determinazione a  farcela, a settembre ci hai lasciati. Ti abbiamo conosciuto alcuni mesi fa. I  tuoi occhi grandi, languidi e sofferenti ci guardavano intimoriti attraverso le  sbarre di un box di canile. Ricordo la tua “facciotta” immobile, nero-focata,  dai lineamenti di chi ce l’ha messa tutta per assomigliare ad un pastore  tedesco, senza però riuscirci fino in fondo. Già, un cosiddetto “meticcio  lupoide”, ovvero un grazioso cane fantasia modello lupo, ma non troppo, taglia  media, quasi grande, che ci osservava immobile e spaventato.Poi ti sei mosso ed  abbiamo capito che qualcosa non andava: avevi difficoltà a sostenere il treno  posteriore e trascinavi le zampe. Ci hanno spiegato che avevi un’infiammazione  nell’area genitale che forse ti procurava qualche fastidio. Infiammazione? Fastidio?  I genitali avevano la dimensione di un’arancia matura, decisamente troppo se  proporzionati alla tua taglia, altro che fastidio ed infiammazione, non  riuscivi a reggerti dal dolore! Tant’è: un quarto d’ora dopo eri già nel vano  posteriore dell’auto per rientrare a Bergamo con noi, facendo subito tappa in  uno studio medico. Fortunatamente i tuoi  “gioielli” avevano in corso solo un’infezione, ma non vi erano processi  tumorali in atto. Bene, Faustino, si sarebbe ripartiti da qui: terapie,  guarigione, un po’ di recupero psicologico per farti capire che non tutti gli  umani erano poi così squallidi come quelli che ti avevano condannato allo schifo  di vita trascorsa fino a quel momento e poi via, al lavoro per trovarti una  famiglia giusta, definitiva, in grado di accoglierti e rispettarti “finché  morte non ci separi”.
 Certamente non eri più  un giovanotto, ma portavi bene i tuoi anni, e poi quell’aria da lupacchiotto,  lo sguardo da cerbiatto, il carattere gioioso e cordiale che hai manifestato  dopo aver cominciato a fidarti di noi, di certo avrebbero conquistato le  simpatie di qualche famiglia per bene. Ti abbiamo visto tornare a correre,  giocare, aver voglia di fare qualche piccolo dispettuccio, soprattutto ti abbiamo  visto sorridere nuovamente. Già, perché quando eri contento aprivi la bocca in  un modo tanto particolare da far pensare ad un vero e proprio sorriso.  Sentimentalismo? Forse. Di certo la tua coda, dopo i primi giorni di perenne  immersione sotto la pancia per la paura, era tornata ad esprimere tutta la tua  gioia, ridendo come una matta in mille frustate e mulinelli circolari.
 Poi un giorno, di  colpo, tutto quel sangue nelle urine, la corsa in clinica, lo staff di medici  di più strutture che si è mobilitato per te, facendo squadra per
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