BERGAMO JAZZ 2007
                                 di Paolo Acquati - Fotografia Luciano Rossetti

     L’edizione di Bergamo Jazz 2007 sembra testimoniare una forte volontà di unire la grande tradizione del nostro festival (per la cronaca siamo giunti alla 29^ edizione) ad una impronta di modernità ed allo stesso tempo di desiderio di allargare la fruibilità della manifestazione ad un numero sempre più consistente di spettatori grazie alla collaborazione con GAMeC e  Bergamo Film Meeting, nonché animazioni di strada e collaborazioni con esercizi commerciali.
     Siamo giunti alla seconda edizione diretta da Uri Caine e possiamo sicuramente affermare che la sua impronta si è chiaramente vista sul programma di quest’anno. Mai si era assistito ad una così limpida volontà di spaziare da situazioni moderne, prepotentemente in evidenza già all’apertura del festival con l’esibizione di DJ Olive, a momenti in cui sul palco si esibisce una icona del jazz come Roscoe Mitchell con il suo quintetto, per passare al jazz avanzato di Dafnis Prieto, oppure assistere alle performances di uno dei maggiori rappresentanti della “patria” del jazz, quel Branford Marsalis che, oltre a “portare” un illustre cognome, incarna perfettamente il jazz legato alla mitica New Orleans. Sul palco del Donizetti, praticamente quasi sempre esaurito, si sono alternati anche i Sex Mob, che con la loro ultima pubblicazione si sono guadagnati una Grammy Nomination, il contrabbassista Wiliam Parker con il suo quartetto a rappresentare la tradizione jazzistica afroamericana, per non tralasciare l’italianissimo Antonello Salis in solo e con il P.A.F. trio.
     È stato proprio Antonello Salis, in “solo”, ad inaugurare il festival al Donizetti. Il suo “pianosolo” ha da subito avvolto il teatro con una piacevolissima sonorità e con la sua creatività ha accompagnato il pubblico attraverso un percorso sonoro fatto di continue improvvisazioni. Vederlo suonare è un piacere anche per gli occhi oltre che per le orecchie, le sue mani percorrono in lungo e in largo la tastiera, si infila nella coda del pianoforte per produrre nuove sonorità utilizzando oggetti impensabili come un banalissimo sacchetto in plastica per la spesa. Quella che riesce a produrre è sempre ottima musica che passa da momenti di grande liricità a momenti di crescente intensità, ma sempre improntata su una grande originalità.
     Il viaggio sonoro prosegue quando ad accompagnare Salis salgono sul palco Paolo Fresu e Furio Di Castri per comporre il P.A.F. trio. E il concerto diventa veramente un viaggio sonoro che attraversa l’Africa e l’America Latina.

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