LA NOSTRA SCUOLA, LA BASE DEL NOSTRO FUTURO
                                              di Gaudenzio Rovaris

     Da alcuni giorni il tema politico di discussione è la legge finanziaria Il povero Prodi si vede costretto ad intervenire per moderare i suoi alleati, che giornalmente escono in esternazioni su quanto si debba deliberare, sugli emendamenti da apportare al disegno di legge, sulla riforma delle pensioni e chi più ne ha più ne metta (sembra che gli emendamenti alla legge proposti dai rappresentanti del centro sinistra siano più di un migliaio solo loro...) Mi colpisce però la lettura dei quotidiani, e non solo quelli schierati a destra., come Repubblica e il Corriere della sera.
     Gli articoli di fondo manifestano la perplessità degli editorialisti, schieratisi apertamente con Prodi durante la campagna elettorale, su problematiche emerse dal disegno di legge in questione. Sono un ex insegnante e sono ancora interessato alle vicende scolastiche. Su "Il Corriere della sera" del 30 ottobre scorso il titolo "La scuola senza qualità" dell'articolo di fondo ha richiamato la mia attenzione. Angelo Panebianco, ricordando anche un articolo di Eugenio Scalfari apparso su "Repubblica" del 25 agosto, sottolinea che la Finanziaria di Prodi prevede l'assunzione in tre anni di centocinquantamila precari, a fronte dell'esigenza di "parametrare il numero degli insegnanti nelle scuole medie sulla consistenza degli alunni" rispetto al numero abnorme di docenti rispetto agli altri paesi europei. Questo nega secondo Lui due esigenze: "ridurre la spesa pubblica e assumere insegnanti bravi anziché collocare precari". Sottolinea la forza delle lobby sindacali della categoria che gonfiano gli organici di "una mastodontica e inefficiente struttura al servizio più della corporazione che vi lavora (ma con grande frustrazione degli insegnanti bravi che pure ci sono) che degli utenti". Invita anche a riflettere sul consiglio presente nel disegno di legge di ridurre di un 10% il numero dei bocciati; con il governo precedente si elargivano fondi alle scuole in base al numero dei promossi e non della qualità dell'insegnamento per cui in ogni città ci sono Istituti di qualità e altri meno ambiti, facoltà con disponibilità di fondi per la ricerca ed altre con difficoltà.
     La prima riflessione è che la nostra struttura scolastica (elementari, medie inferiori e superiori, università) in circa 18 anni non riesce a preparare un docente: possibile che colleghi molto preparati, con voti altissimi di laurea, debbano sobbarcarsi altri due anni di corsi di specializzazione a numero chiuso, a spese loro, spesso da pendolari in altre città dopo una mattinata di insegnamento per qualificarsi?

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