Come ho già ricordato, Hana, la bella moglie del commissario, sta scivolando nella follia: accompagnata dall'ossessivo ripetersi della canzoncina "Ludovico" (piccolo falso storico di Lucarelli, che la inserisce nella vicenda nonostante sia una canzone posteriore all'epoca in cui i fatti sono narrati) si rinchiude sempre più in un mondo tutto suo, in cui l'orrore di sentirsi abbandonata su un'isola dimenticata da Dio si stempera nell'ovattata fissità del suo sguardo. Suo marito la ama, pur soffrendo nel vederla diventare l'ombra di quella che era un tempo; le ripete che se ne andranno da quel posto maledetto, ma forse non ci crede più nemmeno lui, uomo ordinario e incapace di imprimere una svolta alla propria esistenza. Non che ne abbia la reale possibilità: finché non arriverà l'agognato telegramma di trasferimento da Roma, il dovere gli impone di restare sull'isola. Ma non è tanto quest'impossibilità di agire che mi ha colpito in lui, quanto l'adagiarsi su una situazione e l'adattarsi ad essa, per quanto sia penosa.
     Un personaggio "forte" del libro è il capomanipolo Mazzarino: giunto sull'isola dalle montagne dell'Appennino, è un uomo animalesco, istintivo e violento, distintosi per azioni temerarie e per inaudita crudeltà. Fanatico dell'insegnamento fascista, egli è forse un personaggio imbarazzante per le gerarchie, che lo inviano ad essere capo di una squadra di disperati, quasi essi stessi prigionieri dell'isola. È forse più una punizione che una promozione, ma è l'unica ragione di essere di Mazzarino, l'irsuto pastore che grazie al Duce è riuscito a riscattare un destino di pascoli e solitudine sulle montagne. Proprio l'attaccamento di Mazzarino al suo ruolo sull'isola svelerà il vero colpo di scena del libro, quello in cui il commissario si accorgerà di aver vissuto per due anni una terribile menzogna e sarà costretto ad agire per sopravvivere.
     L'isola è il mondo, è il mondo senza maschere, in cui le debolezze, le perversioni e le piccole crudeltà di tutti i giorni si dilatano a dismisura, fino a racchiudere tutta l'esistenza dei reietti dell'isola; è il mondo in cui vengono relegati i "diversi", in cui la società "bene" del continente cerca di comprimere le mentalità sovversive; è il tappeto sotto cui il fascismo cerca di nascondere la polvere della sua brutalità. È, in fin dei conti, la storia di ciascuno di noi, quando un'isola di paure ghiaccia e paralizza il buono che ci scalda, fino a che qualcosa, qualcuno, non ci fa accorgere che è ora di riappropriarci della nostra esistenza.
                                                                               Silvia Ferrari

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