Così, tanto per fare qualche esempio, un sempre maggior numero di soggetti, riappropriandosi forse anche comprensibilmente delle abitudini dei propri paesi d'origine, ha eletto strade e parchi della città quasi come luoghi di privata dimora, corredando gli incontri di schiamazzi, alcool, litigi, radio ad alto volume senza il benché minimo rispetto per la collettività. Non passa inosservato anche il triste spettacolo offerto dalle piazze cittadine antistanti i Propilei di Porta Nuova, una volta anticamere eleganti del Teatro e del Palazzo del Comune, oggi trasformate in ambigui presidi che intercettano i pendolari dell'est europeo, popolo forse ancora nostalgico dell'utopia socialista ma desideroso di testare la bella vita felliniana o anche solo di recuperare una dignità travolta dai terremoti politici post sovietici. Il degrado filtra ovviamente da queste situazioni disagiate, ignorate dai vertici delle istituzioni nazionali e locali e figlie di una globalizzazione sociale incontrollata.
     Di fronte a questi scenari non certo idilliaci, l'Amministrazione latita colpevolmente come se avesse tacitamente sottoscritto un patto di non interferenza e di non belligeranza con le comunità straniere presenti sul territorio. Non si spiegherebbe, altrimenti, l'atteggiamento recalcitrante di assessori e consiglieri nell'affrontare un problema che scuote la cittadinanza sempre più inquieta e minacciata nelle proprie radicate consuetudini quotidiane. Un sintomo di questo malessere è rappresentato dal "Vigile di quartiere", istituzione ritornata d'attualità dopo le recenti aggressioni alle forze dell'ordine in città, soluzione che non sembra trovare consensi presso l'assessorato competente che, evidentemente, valuta i recenti fatti di cronaca come episodi irrilevanti e secondari nel panorama urbano.
     Le lacune dell'Amministrazione balzano agli occhi proprio quando si renderebbero necessari interventi mirati a garantire sicurezza e vivibilità ad una città troppo arrendevole, che confonde tolleranza con inerzia, comprensione con rassegnazione, solidarietà con buonismo ipocrita. Ricercare le cause di questa debolezza psicologica è materia per sociologi e studiosi di costume anche se, volendo semplificare l'analisi, si potrebbe affermare che l'intero Paese è vittima di una specie di "Sindrome di Stoccolma" che inibisce qualsivoglia rivendicazione ed affermazione di regole, giudicandole quasi inopportune ed offensive verso il presunto anello debole della società ovvero gli immigrati. Del resto, la diagnosi di questa insidiosa malattia psico-sociale sarebbe fin troppo facile, in quanto è sufficiente osservare i comportamenti passivi della maggior parte dei nostri concittadini per comprendere l'incapacità di contrastare fenomeni colpevolmente tollerati. Non basta la lamentela fine a se stessa o nascondersi dietro le persiane di casa a spiare un mondo contaminato se le voci di protesta non si levano, anche energicamente, nelle sedi deputate ad intervenire per ribadire la supremazia delle regole condivise.

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