trasformazione incontrollata del territorio sarebbe senza dubbio auspicabile e costituirebbe motivo di riflessione. In quest'ottica, i comitati rionali e di quartiere e i gruppi promotori di residenti si battono costantemente per stimolare l'attenzione dell'amministrazione e per migliorare la vivibilità dei quartieri, già messi a dura prova dal traffico, dagli schiamazzi notturni e dalla difficoltosa viabilità urbana. Le varie zone della città sono aggredite da un'edificazione crescente che rappresenta solo l'inizio di futuri e più gravosi interventi edilizi già approvati o in corso di approvazione. L'attualità del problema aveva spinto alcuni esponenti comunali a proporre la nascita di "polmoni verdi" nelle aree ex industriali della Magrini e dell'ex Cisalpina, tanto per fare un esempio, in alternativa alla vasta proposta di edificazione, che sortirà un effetto dirompente a livello di concentrazione abitativa e commerciale in quartieri tradizionalmente già saturi di costruzioni, privi di verde e soffocati da una viabilità intensa e nevrotica. È scontato affermare che l'individuazione di aree a scopi edificatori debba tener conto delle reali esigenze abitative ma anche di aspetti di qualificazione delle zone nelle quali si devono inserire gli interventi edilizi nonché dell'impatto ambientale e delle ricadute urbanistiche Non meno importanti quelle viabilistiche.
     Sebbene da più parti si affermi che il Piano Regolatore garantisce diritti già acquisiti, non si capisce perché le esternazioni dei gruppi promotori di quartiere, sostenute anche da consiglieri comunali, non debbano essere meritevoli di attenzione. A ben vedere non si può non evidenziare come numerosi interventi edilizi degli ultimi anni siano stati adottati sotto forma di varianti peggiorative rispetto al rapporto verde-cemento. Analizzando, seppur sommariamente, i recenti e più importanti progetti di edificazione si può constatare come essi non prevedano la contestuale realizzazione delle necessarie strutture di pubblica utilità come scuole o centri aggregativi, ritenuti giustamente imprescindibili dalla collettività. La cattiva gestione del territorio, che privilegia l'edificazione selvaggia senza, peraltro, prevedere l'adeguamento della rete viaria, pone spesso la cittadinanza di fronte a consistenti ed ingiustificate riduzioni delle aree da destinare, quantomeno nelle aspettative della comunità, a parchi pubblici o ad aree similari. Si assiste spesso alla progressiva riduzione, rispetto agli iniziali progetti, della destinazione di queste aree, la cui superficie viene considerata sovrastimata rispetto alle esigenze della collettività e del quartiere. L'area sottratta a questa destinazione viene definitivamente sacrificata in nome di un sempre più crescente numero di edifici da adibire ad edilizia residenziale o pubblica, con oneri di acquisizione ormai di gran lunga lievitati e talvolta difficilmente accessibili alla collettività.
     Come spesso accade, la politica (quella bergamasca) ha scelto di recuperare, attraverso la fase della lottizzazione, una consistente area del territorio comunale senza un disegno urbanistico chiaro rispetto all'effettiva funzionalità e vivibilità della città, generando le ovvie quanto giustificate lamentele della cittadinanza, costretta a cedere il passo alle lobby dell'edilizia.

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