La popolosa provincia orobica rappresenta una curiosa anomalia nel panorama industriale regionale in quanto, sebbene sia paradossale, il suo capoluogo è politicamente succube, Milano a parte, delle altre province lombarde, Brescia su tutte. In questo particolare contesto gerarchico anche le decisioni assunte a livello regionale hanno penalizzato la nostra città soprattutto sotto il profilo della mobilità; basti pensare alla linea ferroviaria che, non solo per problemi orografici, ha escluso Bergamo dalla importante direttrice Torino-Milano-Venezia, relegandola ad un presidio secondario svalutato che mal si coniuga con l'importanza del capoluogo. Se da una parte l'interporto di Montello, altra cattedrale nel deserto grazie alla cronica inerzia politica di politici ed amministratori bergamaschi, costituisce ancor oggi oggetto del contendere e divide enti, comuni, istituzioni ed imprenditoria locale, dall'altra la città dei Mille gioisce per il recente raddoppio della linea ferrata Bergamo-Treviglio che, dopo decenni di proclami e promesse, è finalmente realtà visibile e tangibile con buona pace dei suoi vilipesi pendolari. Certo è che Bergamo ha pagato dazio per ottenere la giusta attenzione ai problemi del trasporto locale che, in una logica di mobilità e produttività, avrebbero dovuto trovare soluzione già da tempo.
Un discorso diverso si pone, invece, per l'aeroporto di Orio al Serio, fiore all'occhiello della Bergamo industriale ed imprenditoriale che, negli anni e soprattutto nell'ultimo triennio, ha conosciuto una crescita vertiginosa che, statistiche alla mano, ha assestato lo scalo su oltre quattro milioni di presenze l'anno. Una realtà che, se confrontata ad altri bacini d'utenza italiani, ha collocato l'aeroporto nei primi posti della classifica quanto a movimentazione di passeggeri. La storia dell'aeroporto orobico è, però, a mio parere, contraddittoria: agli albori della sua espansione l'aerostazione movimentava un traffico passeggeri assai modesto che è progressivamente cresciuto prima con l'avvento della Gandalf, società apparentemente florida e poi deceduta sotto la scure del Tribunale fallimentare, e successivamente con l'esplosione del mercato dei voli "low cost" ove la Ryanair di mister O'Leary, guru irlandese dei cieli a prezzi stracciati, spadroneggia dopo aver consacrato Bergamo "hub" italiano di riferimento. Peana, trombe, trombette e grancasse magnificano oggi l'operato della società di gestione dello scalo, cui va sicuramente il merito di aver saputo cogliere l'occasione commerciale in un momento di trasformazione della domanda e dell'offerta, pur senza dimenticare che la stessa amministrazione aeroportuale sta sponsorizzando, da tempo, il contestuale sviluppo del vicino aeroporto di Montichiari - di cui è azionista - che sta imponendosi sul mercato nazionale grazie al suo invidiabile potenziale di crescita e di espansione territoriale ma che rappresenta pur sempre realtà concorrenziale a quella bergamasca.
Conoscendo l'acume e la spavalderia politica dei cugini bresciani che, con una manovra fulminea e concertata tra le istituzioni locali e le rappresentanze industriali, hanno creato a tempo di record un aeroporto in mezzo ai campi, non mi sentirei così sicuro nel pronunciarmi sul futuro prossimo di Orio al Serio.