Dopo il catastrofico tsunami in Asia, gli scienziati hanno cercato di spiegare in qualche modo il fatto che alcune tribù di aborigeni primitivi avevano "preavvertito" il pericolo in tempo salvandosi, raggiungendo le alture, proprio come la fauna selvatica. Sui giornali si è tanto parlato del sesto senso di queste popolazioni ataviche, le quali sanno cogliere le sensazioni e le sfumature che noi non sentiamo e vediamo più, presi dal fervore dei nostri giorni in società frenetiche.
Fino ad oggi, la maggior parte dei ricercatori escludeva l'esistenza del cosiddetto "sesto senso", considerandolo soltanto una sorta di potere "divino" concesso a pochi eletti, ma la scoperta degli scienziati della Washington University di St.Louis, pubblicata dall'autorevole rivista americana "Science", ha fatto il giro del mondo. Il sesto senso esiste ed ha un indirizzo ben preciso: una zona del cervello chiamata corteccia cingolata anteriore. Si tratta di un fascio di fibre nervose che mette in comunicazione i due emisferi del cervello, il sinistro, sede della razionalità, e quello destro, luogo delle emozioni. Esso funziona come sistema di allarme che ci avverte se qualcosa non va o quando qualche nostra azione potrebbe compromettere la nostra incolumità, dandoci informazioni al fine di modificare il nostro comportamento e metterci al riparo dai pericoli.
A supporto della scoperta che in quest'area del cervello risiede il sesto senso, è stato effettuato un test su studenti volontari. Gli stessi sono stati posti davanti ad un computer: un pallino, o bianco o blu, si trasformava rapidamente in freccia, la quale si poteva muovere sullo schermo nelle due direzioni opposte. Il compito dei ragazzi era quello di spingere un bottone a seconda della direzione presa dalla freccia. Nel caso in cui appariva una seconda freccia, i ragazzi dovevano indicare la direzione presa sempre dalla prima, spingendo tuttavia i pulsanti in maniera invertita rispetto alla reale direzione; pena l'errore. Questa complicazione serviva a creare una situazione di conflitto. Tra l'altro, nel gioco, era presente un trucco: quando il pallino iniziale era blu, con molta probabilità sarebbe comparsa la seconda freccia a disturbare il gioco. Ebbene, prova dopo prova, i ragazzi hanno iniziato a sbagliare sempre meno, sintomo del fatto che il loro cervello aveva registrato l'inganno del colore, anche se, a livello conscio, non se ne erano ancora accorti. I ricercatori, che monitoravano i cervelli delle "cavie" tramite risonanza magnetica funzionale, notarono un decisivo aumento dell'attività della corteccia cingolata all'apparizione della freccia ingannatrice,
mettendo in evidenza che a livello inconscio il cervello aveva carpito la variabile, allertando il giocatore e permettendogli di non cadere in errore.